La Storia
Il luoco 18° nell’ordine della Provincia e 14° che si prese, fu quello di S.Francesco di Monte Carlo presso alla terra di S.Giovanni del Valdarno di sopra: il qual luoco, lasciato quello di Ganghereto, fra Antonio del Fornaio fu autore di pigliarlo, e si prese per ordine di S. Bernardino, con l’autorità che lui aveva avuta dal Papa, di pigliare delli luoghi.
Questo luoco è sopra un monticello, sopra al quale era una casa di un nobile gentiluomo fiorentino, il quale si chiamava Carlo da Ricasoli, e da lui ha preso il cognome, che si chiama Monte Carlo.
Il qual Gentiluomo era grande amico del suddetto frate Antonio, e divotissimo dei frati nostri dell’Osservanza, di maniera che donò ai frati la casa propria con le terre condecenti per fabbricare il luoco e per l’orto e per la selva, e lo fabbricò alle sue spese (Dioniso Pulinari, Cronache dei Frati Minori della Provincia Toscana).
Quando i frati misero piede al Monte Ortale, il Beato Angelico non aveva ancora dipinto quell’Annunciazione che gli stessi frati avrebbero poi custodita per cinque secoli, non erano ancora nati Michelangelo, Leonardo Da Vinci e Raffaello, Brunelleschi aveva appena messo mano alla Cupola di Santa Maria del Fiore e lo stesso Convento, del resto, era all’epoca solo un villino per gli svaghi privati di un signorotto di campagna.
Era l’Autunno del 1429 ed i frati minori di Montecarlo iniziavano un cammino, molto in salita, attraverso sconvolgimenti politici, sociali, religiosi ed ambientali che li avrebbero ininterrottamente accompagnati per cinquecentocinquantatre anni sino ad un altro e fatale Autunno, quello del 1982, che segnò la fine della loro comunità.
Secoli di turbolenze scandite da epidemie di peste, apocalittiche alluvioni dell’Arno, saccheggi e devastazioni da eserciti papali ed imperiali e poi ripetute soppressioni e confische del Convento e dei beni ad opera di Pietro Leopoldo, Napoleone Bonaparte e Vittorio Emanuele II.
La prima di queste soppressioni in realtà non ebbe seguito grazie al Vescovo di Fiesole Ranieri Mancini. Nel 1786 il Convento di Montecarlo, come tutti gli altri Conventi, Monasteri ed Istituti religiosi della Toscana, in quanto ‘realtà non utile allo Stato’ avrebbe dovuto essere chiuso, i suoi beni confiscati, i frati ridotti allo stato laicale: così disponevano le riforme ecclesiastiche introdotte dal Granduca Pietro Leopoldo con la sola eccezione delle comunità legate all’attività pastorale ed alle opere di carità e di istruzione. Erigendo a Parrocchia la Chiesa del Convento di Montecarlo, il Vescovo Mancini lo salvò dalla imminente chiusura.
Le cose andarono molto diversamente durante l’occupazione francese nel 1810-1814 e con la Legge della general soppressione delle Corporazioni religiose del 1866. Napoleone firmò il Decreto di soppressione di tutti gli ordini religiosi il 13 Settembre 1810 a Fontainebleau, Cammillo Lelli, Maire di San Giovanni, lo lesse ai frati di Montecarlo il 29 dello stesso mese dandogli dieci giorni di tempo per lasciare il Convento portandosi via solo gli effetti personali, rinunciando al nome religioso ed alla tonaca e vestiti da prete. Lo stesso Maire Lelli mise in vendita i loro beni ed a Montecarlo restarono solo il Padre Guardiano ed il Curato. Vestiti da prete, ovviamente.
Due anni dopo il Governo affittò Convento, orto e boschi ad uno speculatore fiorentino che lo subaffittò e in tre anni – raccontano i frati – tagliò tanto bosco quanto i frati in sette. Con la sconfitta di Napoleone ed il ripristino dei precedenti regimi, dal 1814 iniziò il ripopolamento di Conventi e Monasteri e così fu anche per Montecarlo il cui cronografo, alla data del 9 Luglio 1815, annota: ‘con gran solennità ed allegrezza, dopo essere stati vestiti da Preti 4 Anni, 9 Mesi, e 8 giorni, si rivestirono da Frati Padre Niccolò Romoli, Padre Pietro Bani, Padre Benigno Bessi, Padre Urbano Lippi, Padre Angelico Lorenzi e Padre Romoaldo Mucci’. Naturalmente andarono dispersi arredi, biblioteca ed ogni suppellettile non conservata nella Chiesa dove fortunatamente si trovavano l’Annunciazione del Beato Angelico e l’Incoronazione del Neri di Bicci.
Infine un regio decreto del Luglio 1866 ed una legge dell’Agosto 1867 stabilirono la soppressione degli enti religiosi e l’incameramento dei loro beni: nel tempo di un anno tutte le chiese non parrocchiali, i Conventi ed i Monasteri presenti nel territorio nazionale divennero di proprietà della Stato ed un immenso patrimonio di immobili, terreni ed opere d’arte fu messo in vendita per sanare i buchi del bilancio pubblico.
Gli effetti di questi provvedimenti arrivarono a Montecarlo la Vigilia di Natale del 1866 nella persona di un funzionario del Demanio di Montevarchi che venne a prendere formalmente possesso del Convento ed a cacciarne la trentina di frati che ci vivevano. Nei mesi successivi una serie di provvedimenti amministrativi trasferì in locali del Comune la Biblioteca del Convento, gli arredi, le suppellettili, le opere d’arte presenti nella Chiesa parrocchiale e nella disponibilità dell’Amministrazione comunale di san Giovanni i terreni e lo stesso Convento che si progettò di trasformare in un ricovero per mendicanti.
L’Annunciazione dell’Angelico e l’Incoronazione del Neri di Bicci, illegittimamente confiscate, furono restituite alla Chiesa due anni dopo grazie all’interessamente della famiglia Ricasoli mentre la fine di almeno una parte della Biblioteca del Convento, è raccontata da Francesco Polverini nelle sue Memorie storiche della Terra di San Giovanni nel Valdarno di Sopra pubblicate nel 1914: “Questi libri furono concessi e trasportati in uno dei fondi della chiesa dell’Oratorio. Da mano ignota, furono tagliate le decorazioni e le miniature. Venuti al giorno di collocare questi grossi libri nel luogo destinato fu riscontrata questa manomissione. Scomparsa la parte artistica, non rimase altro che cedere quei libri per carta straccia”.
Irrimediabilmente persi la Biblioteca, suppellettili in metalli preziosi o di fattura pregiata e gli arredi, con l’aiuto di benefattori ed una serie di escamotage giuridici, i frati riuscirono a ricomprare il Convento con i terreni adiacenti e le sue pertinenze e, sia pure in un regime di semiclandestinità, la comunità francescana di Montecarlo riprese a vivere e nel 1898, il Convento era abitato da 16 frati e 7 laici.
Ai primi del ‘900 arrivò a Montecarlo frate Valentino Mondanelli che tenne la Cura d’Anime sino al 1943 e dedicò un particolare impegno al restauro della Chiesa di S. Giovanni Battista e Francesco, restauri fatti sotto la guida dell’architetto Giuseppe Castellucci e che durarono un decennio. La piccola Chiesa del Convento fu completamente spogliata degli stucchi ed orpelli barocchi dai quali (dicono le cronache del Convento) era sommersa e riportata al suo stile originario quattrocentesco. Anche il primo restauro dei quadri presenti in Chiesa e particolarmente dell’Annunziazione, furono iniziativa del Parroco Mondanelli.
Nel 1943 dalla piccola Parrocchia di Compito alla Verna, arrivò a Montecarlo frate Alfonso Turchetti (fonte foto :Biblioteca Valdarnese) con il compito di aiutare il vecchio Parroco Mondanelli e di lì a poco dovette sostituirlo. P. Alfonso divenne subito noto come ‘Il Curatino’ e per il suo impegno decennale a fondare una Chiesa parrocchiale succedanea giù a valle, nella zona della Gruccia.Gli anni di governo di Alfonso Turchetti videro compiersi, attraverso drammatiche vicende – tra le quali anche il bombardamento del Convento da terra e dal cielo durante la Seconda guerra mondiale – il destino dei Frati di Montecarlo.
Causa la ‘crisi delle vocazioni’ esplosa nel Secondo dopoguerra e dopo un tentativo di insediare nel Convento un Convalescenziario, gli ultimi quattro anziani frati rimasti Montecarlo chiusero, per l’ultima volta, le porte del Convento nel Gennaio del 1982. Ai frati succederono un centro di assistenza ai tossicodipendenti cui seguì una Comunità di Suore che lasciarono Montecarlo nel 2013. Da allora l’edificio del Convento venne definitivamente chiuso al pubblico, recintato ed in sostanza abbandonato a sè stesso. Nel 2021, oramai prossimo al crollo, l’edificio fu rilevato dalla Fondazione Be.St. che, a prezzo di grandi sacrifici economici e logistici, ne iniziò il restauro innanzitutto ingegneristico e ne riaperse l’accesso al pubblico nel 2022.