La Teoria di Gaia propone che tutti i microorganismi e le loro componenti inorganiche sono strettamente integrati per formare un unico sistema complesso autoregolante che mantiene in tal modo le condizioni di vita sul pianeta.

L’indagine scientifica dell’ipotesi Gaia si concentra sull’osservazione di come la biosfera e l’evoluzione delle forme di vita contribuiscono alla stabilità della temperatura globale, salinità, ossigeno nell’atmosfera e di altri fattori di abitabilità del Pianeta in una omeostasi perfetta. L’ipotesi Gaia è stata formulata dal medico, biofisico e chimico James Lovelock e co-sviluppati dalla microbiologa Lynn Margulis nel 1970.

Con la Teoria di Gaia vengono meno le concezioni del mondo che si sono sviluppate fino ad ora e che considerano la terra e la natura sostanzialmente come fonte di risorse che l’uomo può sfruttare a proprio piacimento.

Secondo la Teoria di Gaia, ciò che comunemente chiamiamo natura, non è altro che l’insieme degli ecosistemi che di fatto rappresentano gli organi della terra i quali concorrono tutti alla regolazione delle caratteristiche chimico-fisiche del pianeta e sono tutti ugualmente importanti e da preservare se si vuole che la terra continui a mantenere un ambiente confortevole per la vita di noi esseri umani.

Normalmente si pensa ad un ecosistema come ad un sistema stabile che si autoperpetua, formato da una comunità di organismi viventi e dal loro ambiente non vivente.

Secondo questa visione, gli organismi non alterano il proprio ambiente, ma semplicemente vi si adattano.

Questa visione è splendidamente confermata dalla frase che solitamente accompagna ogni discorso comune sull’ecologia e sui danni che l’uomo sta facendo alla terra: “quella umana è l’unica specie che modifica il proprio ambiente”.

La visione di un ecosistema secondo la teoria di Gaia, invece, considera i due componenti del sistema, quello vivo e quello non vivo, come due forze interattive strettamente collegate, ognuna delle quali modella, influenza e modifica l’altra.

La teoria di Gaia dimostra infatti come sia normale che gli organismi viventi, oltre ad essere influenzati dal loro ambiente, lo modifichino attivamente.

Gli ecosistemi umani con cui si sostituiscono quelli naturali (terreni agricoli e territori urbani), sono vantaggiosi per noi, ma si rivelano pesantemente inefficienti per la regolazione di Gaia. Qualunque tipo di organismo, infatti, per il fatto stesso di esistere, tende ad allontanare Gaia dal suo attuale equilibrio.
Per concludere le parole di Lovelock: “L’essere umano è sul pianeta da almeno un milione di anni, perché dovrebbe estinguersi proprio ora? Le singole civiltà sono invece più fragili. Negli ultimi 5000 anni sono una trentina circa quelle scomparse che hanno lasciato solo ossa, pezzi d’artigianato o scritti dietro di sé. Per questo non c’è nessun motivo di pensare che la nostra civiltà sia imperitura.